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Antje Lobin / Eva-Tabea Meinke (edd.), Handbuch Italienisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium und Praxis, Berlin, Erich Schmidt Verlag, 2021, XIV + 691 p.

Melchior, Luca
In: Zeitschrift für Romanische Philologie, Jg. 138 (2022-12-01), Heft 4, S. 1331-1338
Online review

Antje Lobin / Eva-Tabea Meinke (edd.), Handbuch Italienisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium und Praxis, Berlin, Erich Schmidt Verlag, 2021, XIV + 691 p 

Già nel 2002 usciva per i tipi della casa editrice Erich Schmidt Verlag di Berlino l'Handbuch Französisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium, Lehre, Praxis ([4] 2002), di cui nel 2008 appariva sul mercato una seconda edizione rivista e ampliata (Kolboom/Kotschi/Reichel 22008); a questi seguiva, nel 2013, l'Handbuch Spanisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium, Lehre, Praxis ([2] 2013). L'opera qui recensita va a inserirsi dunque in questa serie rodata di manuali dedicati alle lingue romanze che, al contrario di altre opere legate a una unica disciplina (si pensi per esempio al Manuale di linguistica italiana a cura di [7] 2016), vuole offrire una panoramica più ampia e «a tutto tondo» su tematiche italianistiche.

Non è certo possibile descrivere in dettaglio il volume e i numerosi contributi. Con di più, un giudizio sulla parte più prettamente letteraria e – per lo meno in parte – sulla sezione dedicata agli studi culturali esula dalle competenze del recensente; si procederà dunque ad analizzare l'impianto generale dell'opera, mentre l'attenzione si soffermerà solo puntualmente su alcuni aspetti che sono parsi particolarmente evidenti, nella piena consapevolezza di un certo rischio di arbitrio insito in tale selezione.

Innanzitutto sorgono due domande. La prima domanda è: a chi si rivolge il volume? Dal Vorwort [VII–X] delle curatrici pare potersi capire che il volume è destinato principalmente al mercato tedesco – non tedescofono: così vi sono indicazioni sull'interesse per l'italiano nelle scuole tedesche e si rimarcano i rapporti storici tra Italia e Germania (intese, si ritiene, come entità geografico-culturali), non però sulla situazione in Austria, Svizzera (o addirittura Liechtenstein). La seconda domanda è invece se il volume sia dedicato allo studio dell'italiano o dell'Italia. Si tratta di due prospettive complementari, ma non identiche. In realtà, l'approccio scelto pare «misto», concentrandosi gli aspetti letterari e culturali sullo spazio politico-culturale italiano, mentre nella sezione linguistica vi sono «escursioni» in Ticino (Die Italoromania: Das Italienische im Tessin di Ursula Reutner [65–72]) e Corsica (Die Italoromania: Korsisch di Aline Haist e Rolf Kailuweit [72–77]).

Ma dedichiamoci alla descrizione dell'opera, lasciando aperti (per ora) i quesiti di cui sopra. Il ponderoso volume (XIV + 691 pagine) è suddiviso in cinque sezioni principali, a loro volta suddivise in un numero variabile tra due e quattro sottosezioni, per un totale di 97 contributi o capitoli, a cui si aggiungono il Sachregister [657–675], il Personenregister [677–690] e il Verzeichnis der Autorinnen und Autoren [691]. Dispiace manchi un indice dei luoghi, che si ritiene sarebbe stato utile per un ulteriore orientamento nei contenuti del volume.

La parte contenutistica si articola come segue: la prima sezione Das Italienische als Nationalsprache è suddiviso nelle tre sottosezioni I. Das Italienische aus synchronischer und diachronischer Perspektive (quattro capitoli), II. Das Varietätengefüge (sei capitoli) e III. Bedeutung und Gebrauch des Italienischen (due capitoli). La seconda sezione è intitolata Strukturen der italienischen Sprache e presenta le sottosezioni I. Aussprache und Rechtschreibung (tre capitoli), II. Der Wortschatz (quattro capitoli), III. Wortbildung und Phraseologie (tre capitoli) e IV. Satzgrammatik (13 capitoli). A questa segue una terza sezione di stampo linguistico, Das Italienische in der verbalen Interaktion, suddivisa in I. Text- und gesprächslinguistische Fragestellungen (quattro capitoli) e II. Das Italienische in der Gesellschaft (cinque capitoli). Nelle tre sezioni vengono affrontati in linea di massima tutti i principali aspetti, sia sistemici sia sociolinguistici e pragmatici, rilevanti nell'analisi della lingua italiana, dalla sua evoluzione diacronica, alla caratterizzazione tipologica, dal diasistema alla fonologia, dall'ortografia alla stratificazione lessicale all'onomastica e all'etimologia, fino alla formazione delle parole, alle collocazioni, alle strutture frasali, al sistema pronominale, dalla grammaticografia ad aspetti di pragmatica, dai corpora dell'italiano fino all'italiano dei media. In questo senso il volume si rivela davvero uno strumento di consultazione prezioso per chi affronta aspetti legati all'analisi linguistica dell'italiano.

Alle tre sezioni precedenti segue una sezione dedicata agli studi letterari (Literaturwissenschaft), suddivisa in I. Literaturtheoretische Grundlagen (otto capitoli), II. Italienischsprachige Literatur (chronologisch) (otto capitoli) e III. Besonderheiten der italienischen Literatur (sette capitoli). La parte contenutistica dell'opera è chiusa dalla sezione Kulturwissenschaft, suddivisa in I. Grundlagen der Kultur- und Landeswissenschaften (tre capitoli), II. Geschichte und Politik Italiens (sei capitoli), III. Italien: historisch-systematische Problemfelder und Schlüsselbegriffe (nove capitoli) e IV. Kultur, Medien, Öffentlichkeit (dodici capitoli). Anche queste due sezioni paiono offrire un'introduzione ampia, se non esaustiva, alle tematiche che vengono affrontate nei corsi di studio di italiano. Nella sezione dedicata agli studi letterari si presentano infatti, oltre a fondamentali concetti teorici di base, sia un quadro storico-cronologico della letteratura italiana, sia approfondimenti su alcuni aspetti, come il ruolo della questione della lingua o il rapporto tra letteratura e cinema e letteratura e musica. Nella sezione dedicata agli studi culturali le tematiche spaziano dal sistema politico all'evoluzione demografica, dall'emigrazione ai media, dall'architettura alle subculture, per arrivare alla moda e alla cultura gastronomica (manca però un approfondimento sul ruolo dello sport).

Come si può evincere dalla struttura presentata più sopra, a tematiche di stampo linguistico viene dedicato uno spazio maggiore rispetto agli studi di letteratura e culturali, il che si traduce in un maggiore numero di capitoli, ma anche di pagine: quasi trecento per le prime, poco più di 160 per i secondi e di 190 per i terzi. Le tematiche trattate sono, come già evidenziato, in linea di massima di stampo generale, volendo offrire un'introduzione a diversi aspetti della lingua, della letteratura e della cultura e società italiane (e d'Italia), ma non mancano contributi su aspetti più specifici, che possono costituire una prima base per ulteriori approfondimenti. Lo spettro di argomenti che vengono affrontati è ampio e va senz'altro a coprire buona parte degli aspetti con cui, durante il loro studio di italianistica, gli studenti avranno modo di confrontarsi. Il volume va dunque a colmare una lacuna nell'editoria scientifica italianistica di lingua tedesca e per questo va accolto positivamente. La competenza degli autori e delle autrici coinvolti nel progetto è indubbia. Ma si permettano anche qui alcune considerazioni: le curatrici scrivono [VIII] «[d]ie Autorinnen und Autoren dieses Handbuchs sind zu einem Großteil Vertreterinnen und Vertreter der Italianistik an deutschsprachigen Hochschulen. In diesem Sinne bildet das ‹Handbuch Italienisch› einen relevanten Ausschnitt der deutschsprachigen Italianistik ab». Questo sembra solo in parte corretto. Dei 97 autori solo dieci non sono «collocabili» in territori germanofoni (e di questi, cinque hanno svolto il loro cursus studiorum e la carriera accademica almeno in parte in Germania), solo due operano in Svizzera e nove in Austria. Ma anche in questo caso, solo cinque non sono di formazione tedesca (mentre tra gli autori operanti in Germania, solo una pare formata in Austria). Più che di italianistica germanofona, si può forse parlare più correttamente di italianistica tedesca, che viene qui rappresentata. L'impressione che il volume sia concettualmente rivolto alla Germania (e non al mondo germanofono tout court), già notata prima, pare confermata anche dai contenuti di alcuni contributi, come ad esempio dell'articolo di Sylvia Thiele dal titolo Der Unterricht des Italienischen in deutschsprachigen Ländern [84–94], dove l'attenzione è rivolta quasi esclusivamente alla Germania, mentre per Svizzera, Austria e Alto Adige/Südtirol (ma qui la situazione è completamente diversa!) l'autrice si limita a pochi dati statistici, e di quello di Eugenio Spedicato Deutsch-italienische Kulturbeziehungen [474–479], dove «Deutsch» è evidentemente inteso come afferente l'attuale Germania: nulla infatti si dice dei rapporti culturali tra i territori della Penisola e quelli della Svizzera o dell'attuale Austria.

Dell'importanza che assume il volume nel panorama editoriale scientifico sull'italiano si è detto; ingrato compito del recensente è però anche quello di evidenziare quali siano eventuali punti di criticità. Partiamo dalla già citata introduzione delle curatrici, dove si afferma che «[d]as ‹Handbuch Italienisch› präsentiert grundlegende Themen aus den drei wissenschaftlichen Teildisziplinen der Italianistik: der Sprachwissenschaft, der Literaturwissenschaft und der Kulturwissenschaft» [VIII]. Linguistica, studi letterari e culturali non sono però Teildisziplinen che vanno a formare una disciplina «Italianistik»; si tratta piuttosto di discipline autonome che, in ambito accademico, sono riunite a formare un Fach, un campo di studi, che è appunto l'italianistica (sulla differenza tra Disziplin e Fach cf., tra gli altri, [8] 2014). Ma passiamo a un'analisi più dettagliata. In un volume, appena uscito sul mercato, che vuole porsi come opera di riferimento per lo studio dell'italianistica, che si propone «ein differenziertes und zukunftsfähiges Italienbild zu vermitteln» [VIII], alcune imprecisioni, che si sarebbero potute facilmente evitare, disturbano particolarmente. Pochi esempi: nel contributo di Elton Prifti Die autonomen Regionen und ethnischen Minderheiten Italiens [547–556] si legge «[d]ie Friulaner bilden eine weitere [...] Sprachminderheit, die sich auf die Provinzen Udine (125 Gemeinden), Gorizia (14 Gemeinden) und Pordenone (37 Gemeinden) [...] verteilt» [550–551]. Ora: la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, con legge regionale 20/2016 ha abolito le Province come enti amministrativi territoriali (come in precedenza già accaduto in Sicilia); parlare di Provincia di Gorizia, Pordenone, Udine in un manuale pubblicato nel 2021 è dunque incorretto. Ancora: non è corretto dire che la popolazione (anche) friulanofona sia diffusa nei comuni indicati, bensì che 176 comuni hanno fatto richiesta di essere inseriti nel territorio di applicazione delle norme di tutela. Ciò non significa necessariamente che anche la popolazione di altri comuni non sia in buona parte friulanofona – o, al contrario, che in alcuni comuni inseriti nell'ambito di tutela la percentuale di friulanofoni sia trascurabile. La legge 482/1999 prevede infatti che l'inserimento di un comune nel territorio di applicazione della stessa avvenga «su richiesta di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni» (art. 3). Tale ragionamento vale per tutte le altre comunità linguistiche minoritarie riconosciute da tale legge. Si tralasci poi che l'attributo «ethnisch», per lo meno per le comunità linguistiche storiche, è a dir poco problematico. Che poi le due tematiche suggerite dal titolo, le regioni autonome – di cui peraltro nel contributo praticamente non si parla se non en passant – e le minoranze siano accomunate in un unico contributo è incomprensibile; l'affermazione dell'a., secondo la quale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige/Südtirol «verfügen über einen Sonderstatus, der [...] den Schutz der in diesen Gebieten lebenden Minderheiten gewährleisten soll» [547] è semplicemente falsa. L'autonomia è risultato di un compromesso politico-istituzionale il cui fine era quello di garantire la coesione territoriale nazionale, che rischiava di essere minata da movimenti separatisti, che non fondavano necessariamente le loro aspirazioni su questioni linguistiche. Per il Friuli-Venezia Giulia a ciò si aggiungevano le dispute territoriali con l'allora Repubblica Jugoslava per l'attribuzione della Zona A con la città di Trieste e della Zona B (Istria) all'uno o all'altro Paese.

Rimaniamo in ambito istriano: lascia perplessi che, nel contributo di Ursula Reutner Die politische, wirtschaftliche und kulturelle Bedeutung des Italienischen [78–84], si parli di «historische Region Julisch Venetien» [79]. La concettualizzazione dell'esistenza di una «Venezia Giulia» è ottocentesca, così come la sua denominazione, recente e politicamente non neutra, suggerita in un intervento anonimo di Graziadio Isaia Ascoli nel 1863, nel quale, nonostante alcuni studiosi non vi vedano intenti separatisti (cf. p. es. [3] 2016, 10–11), risuonano certo aspirazioni irredentiste.

Spostiamoci altrove: che nel capitolo dedicato alla Kulturpolitik und Medienlandschaft in Italien ([584–592], di Michele Vangi) si affermi che Silvio Berlusconi «in den 1980er Jahren» fu il primo imprenditore, «der durch drei TV-Privatsender [...] ein italienisches Netzwerk (Mediaset) bildet» [590], è perlomeno equivocabile. Se è indubbio che le reti private di Berlusconi furono le prime a competere, a livello nazionale, con la televisione di Stato, tuttavia la Mediaset sorse (con tale nome) appena nel 1993. Dettagli, si potrà obiettare, ma che in un'opera che si pone come riferimento per lo studio dell'italianistica hanno, secondo il recensente, un loro peso.

Alcune scelte paiono poco comprensibili, sia a livello strutturale, sia all'interno dei singoli contributi. Anche in questo caso ci si limiterà a pochi esempi: innanzitutto, la suddivisione delle tematiche linguistiche in tre sezioni può certo essere giustificata dalle diverse prospettive che si assumono, costituisce tuttavia un elemento di squilibrio rispetto alle altre due discipline, gli studi letterari e culturali. Per quanto riguarda i contenuti, invece, ci si chiede perché manchi un contributo dedicato alla struttura amministrativa dell'Italia, in cui si chiariscano per esempio le diverse competenze spettanti da una parte allo stato centrale, dall'altra agli organi regionali e territoriali come province e comuni – un sistema che si presenta assai diverso da quelli federali o confederali dei territori di lingua tedesca (ad eccezione del Liechtenstein). Altrettanto incomprensibile è la scelta di inserire i capitoli sull'italiano in Ticino e in Corsica, cui si è accennato sopra, nella prima sezione, dedicata all'italiano come lingua nazionale. Le varietà di queste due regioni infatti possono essere considerate solo da un punto di vista geolinguistico parte del continuum italoromanzo, non però come dialetti da una prospettiva sociolinguistica, come ci si attenderebbe in una parte del volume dedicata alla lingua nazionale. Stupisce anche a fronte dei due capitoli succitati, che manchino (quasi) completamente cenni all'Istria slovena e croata e alla situazione linguistica (e politica) locale. Solo brevissime note [79] si trovano nel contributo di Reutner sull'importanza politica, economica e culturale dell'italiano, di cui si è già detto sopra, senza che peraltro si affrontino la complessa situazione (socio-)linguistica e la funzione dell'istroveneto, ma anche dell'istrioto; questa non è scevra di aspetti anche politici e «identitari»: per es. i membri della Comunità Nazionale Italiana (CNI) in Croazia hanno infatti il diritto alla doppia cittadinanza croata e italiana; i parlanti di istrioto sono in gran parte membri della CNI e in parte considerano il loro idioma come «dialetto» dell'italiano, etc. Che la realtà nella penisola adriatica venga pressoché completamente ignorata pare una lacuna gravosa e poco giustificabile. Allo stesso modo mancano informazioni sull'italiano di migrazione, nonostante non solo alcune comunità siano numerose, ma vi siano anche diversi studi al riguardo, p. es. per quanto riguarda l'Australia, la Svizzera, gli USA, la Germania, la Gran Bretagna, per citarne solo poche. La scelta di dedicare un capitolo all'importanza degli autori e autrici siciliani/e e sardi/e (Die Literaturen Siziliens und Sardiniens, di Fabien Vitali [421–428]) è certamente encomiabile, ci si chiede però perché ci si focalizzi proprio e solo su queste due regioni e non su altre, come per esempio, sulla letteratura triestina, che ha sfornato autori e autrici del calibro di Scipio Slataper, Italo Svevo, Umberto Saba, Claudio Magris e anche di un certo successo commerciale come Susanna Tamaro. Tre esempi per quanto riguarda i singoli contributi: poco comprensibile è, nel capitolo Einzelaspekt: Deixis (Waltraud Weidenbusch [213–218]), perché si faccia cenno al sistema ternario dei dimostrativi nei dialetti (non nell'italiano regionale!) meridionali, non si parli però di un aspetto che talora crea difficoltà a parlanti tedesco, ovverosia i verbi deittici di movimento (sui quali peraltro esiste una ricca letteratura, cf. per es. [9] 1993; [10] 2001 [1995], 278–283); o perché, nella tabella dei dimostrativi (capitolo: Einzelaspekt: Pronominalsystem di Georgia Veldre-Gender [219–224], qui [222]) vengano indicate le forme cotesto/cotesta. Se è vero che il sistema italiano è, nell'uso, passato da ternario a binario e che dunque l'uso del dimostrativo marcato come [+vicinanza all'ascoltatore] è, tranne che in usi burocratici, pressoché nullo (con l'eccezione, forse, della Toscana), la forma scelta dall'a. (cotesto) rappresenta una variante secondaria, di ancor minor diffusione rispetto al già raro codesto. Perché, infine, nel contributo su Das italienische Bildungssystem ([592–597], di Domenica Elisa Cicala) si riportano le denominazioni storiche delle scuole («scuola materna» [593], «Primarschule (früher Grundschule, scuola elementare) [595], «dreijährige Sekundarstufe I (früher untere Mittelschule, scuola media)» [595]), ma non quelle attualmente in vigore? Si obietterà nuovamente: quisquilie. Ma, si permetterà l'ossimoro, quisquilie di un certo conto.

Refusi tipografico-formali sono forse inevitabili in un volume di queste dimensioni; se ne segnalano qui solo alcuni: l'accapo itali-ano [57]; «dim.» [89]; «Cafarelli» [130] invece di «Caffarelli»; «raggazina» [137]; «fruttamento» [267] al posto di «sfruttamento»; l'accapo pot-rebbe [253]; a p. [275] si riporta il titolo dell'articolo 416-bis del Codice penale 19/10/1930 come «Associazione di tipo mafioso anche straniere [sic!]» suggerendo un errore nel testo legislativo; tuttavia il titolo dell'articolo (nella sua versione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale online) «Associazioni di tipo mafioso anche straniere»; ancora l'accapo «italiano de-ll'uso medio» [286], «Pudicitie» invece di «Pudicitiae» [356]; «Cassese Sabino» e «Saviano Roberto» invece di «Cassese, Sabino» e «Saviano, Roberto» [592]; il titolo del primo cortometraggio di Nanni Moretti (1976) è indicato come «Sono un autarchico» [625], ma corretto sarebbe «Io sono un autarchico» e così via.

L'uscita sul mercato di un compendio di studi italianistici, che possa servire agli studenti – ma anche ai docenti – come primo strumento di consultazione su tematiche generali, che offre però anche alcuni approfondimenti su aspetti specifici, è sicuramente gradita. Il volume in oggetto assolve senza dubbio a questa funzione, presentando un quadro orientativo degli argomenti più trattati nello studio dell'italianistica, e per questo è certo da accogliere con favore. Sulla qualità della stragrande maggioranza dei contributi non c'è da obiettare alcunché, anzi, ve ne sono di notevole caratura e non c'è da temere sull'ampia ricezione che otterrà l'opera. Tuttavia alcune revisioni, in una seconda edizione, sarebbero senza dubbio auspicabili. Ci si augura che questa rassegna possa contribuire a un tanto.

Bibliografia 1 [Ascoli, Graziadio Isaia], Le Venezie, Museo di famiglia. Rivista illustrata III:35 (1863), 559. 2 Born, Joachim/Folger, Robert/Laferl, Christopher F./Pöll, Bernhard (edd.), Handbuch Spanisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium, Lehre, Praxis, Berlin, Erich Schmidt Verlag, 2013. 3 Cattaruzza, Marina, Italy and its Eastern border. 1866–2016, New York/London, Routledge, 2016. 4 Kolboom, Ingo/Kotschi, Thomas/Reichel, Edward (edd.), Handbuch Französisch: Sprache – Literatur – Kultur – Gesellschaft. Für Studium, Lehre, Praxis, Berlin, Erich Schmidt Verlag, 22008 (12002). 5 Legge 15 Dicembre 1999, n. 482, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999, ‹https://web.camera.it/parlam/leggi/99482l.htm› [ultimo accesso: 06.04.2022]. 6 Legge regionale 22 marzo 1996, n. 15, Norme per la tutela e la promozione della lingua e della cultura friulane e istituzione del servizio per le lingue regionali e minoritarie, ‹https://lexview-int.regione.fvg.it/FontiNormative/xml/XmlLex.aspx?anno=1996&legge=15&id=&fx=lex&ci=0&lang=multi&idx=ctrl1› [ultimo accesso: 06.04.2022]. 7 Lubello, Sergio, Manuale di linguistica italiana, Berlin/Boston, De Gruyter, 2016. 8 Oesterreicher, Wulf/Selig, Maria, Einleitung: Geschichtlichkeit von Sprache und Text, in: Oesterreicher, Wulf/Selig, Maria (edd.), Geschichtlichkeit von Sprache und Text. Philologien – Disziplingenese – Wissenschaftshistoriographie, Paderborn, Fink, 2014, 7–29. 9 Ricca, Davide, I verbi deittici di movimento in Europa: una ricerca interlinguistica, Firenze, La Nuova Italia, 1993. Vanelli, Laura/Renzi, Lorenzo, La deissi, in: Renzi, Lorenzo/Salvi, Giampaolo/Cardinaletti, Anna (edd.), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. 3: Tipi di frase, deissi, formazione delle parole, Bologna, Il Mulino, 2001 [11995], 261–375. Footnotes Si mantiene qui la grafia con trattino, presente nella Costituzione della Repubblica Italiana e mai ufficialmente modificata, sebbene negli ultimi anni sia usuale (anche) la grafia senza trattino («Friuli Venezia Giulia»), non da ultimo nella versione dello Statuto speciale pubblicato sul sito della Regione stessa (‹ https://autonomielocali.regione.fvg.it/aall/opencms/AALL/Informazioni%5fgenerali/statuti/statuti/06.pdf › [ultimo accesso: 04.04.2022]). Appena nel 1996 – ben trentatré anni dopo la sua istituzione! – la Regione Friuli-Venezia Giulia ha per esempio elevato la tutela della lingua (e cultura) friulana – nell'apposita legge regionale 15/1996 – a «una questione centrale per lo sviluppo dell'autonomia speciale» (art. 2). Senza qui orientarsi o addirittura suggerire un «un catalogo delle difficoltà», c'è da chiedersi infatti se la trattazione di tale tematica non sarebbe risultata ben più utile e rilevante rispetto a giocoforza assai sommari cenni a sistemi diversi da quello di riferimento. Senza considerare che «untere Mittelschule» era in realtà denominata scuola media inferiore. Cf. ‹ https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/codicePenale › [ultimo accesso: 28.03.2022].

By Luca Melchior

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Titel:
Antje Lobin / Eva-Tabea Meinke (edd.), Handbuch Italienisch. Sprache – Literatur – Kultur. Für Studium und Praxis, Berlin, Erich Schmidt Verlag, 2021, XIV + 691 p.
Autor/in / Beteiligte Person: Melchior, Luca
Link:
Zeitschrift: Zeitschrift für Romanische Philologie, Jg. 138 (2022-12-01), Heft 4, S. 1331-1338
Veröffentlichung: 2022
Medientyp: review
ISSN: 0049-8661 (print)
DOI: 10.1515/zrp-2022-0071
Sonstiges:
  • Nachgewiesen in: DACH Information
  • Sprachen: Italian
  • Language: Italian
  • Document Type: Book Review
  • Author Affiliations: 1 = Universität Klagenfurt, Institut für Germanistik, Abteilung für Sprach- und Literaturwissenschaft, Universitätsstraße 65–67, A-9020 Klagenfurt/Wörthersee, Germany
  • Full Text Word Count: 3256

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